Wolfango Sbodio da tempo svolge attività scacchistica nelle carceri. Qui ce ne parla intervistando sé stesso
Perché inserire gli scacchi nella scuola e per di più in una scuola in carcere?
– Innanzitutto gli scacchi sono un sistema per insegnare e imparare qualsiasi cosa. Ciò è stato anche confermato nel 2012 dal Parlamento Europeo che, con una direttiva, la Written Declaration 50/2011, ha invitato tutti i Paesi dell’Unione ad inserire gli scacchi come materia ordinaria in tutti gli ordini di scuole. Comunque è anche un sistema che serve ad affrontare la vita e soprattutto le situazioni di emergenza.
Nel 2012 il CIPIA (Corsi di recupero per lavoratori, che preparano all’esame di 3^ media) mi chiamò per tenere un corso di scacchi nella Casa Circondariale Lorusso Cotugno (carcere delle Vallette). In seguito fui coinvolto in lezioni di Diritto ed Economia per la scuola superiore del carcere.
In passato quando insegnavo in un Istituto statale per ragionieri avevo ottenuto ottimi risultati scolastici con i ragazzi/e che si appassionavano al gioco. Ero solito dedicare 8 lezioni agli scacchi, a tutta la classe, con compito in classe finale e voto riportato sul registro. Lo facevo a settembre, prima di partire con le lezioni curricolari della mia materia. Chi scopriva poi di essere interessato a questa scienza poteva fermarsi alle 14, a fine lezioni, per fare un’ora di gioco-lezione di scacchi nel “Circolo scacchistico” di Istituto fino alla conclusione dell’anno.
Quali effetti riscontravi su gli studenti?
– Questo gioco, oltre a rendere evidente che prima di agire occorre riflettere molto e in più direzioni, serve ad imparare a stare seduti, fermi, nei banchi, per un certo tempo e concentrati. È una forma di ginnastica isometrica (esercizi da immobili): si fatica molto da fermi; serve alla memoria, serve a passare dal movimento ad operazioni logico-deduttive, a concentrarsi anche sotto pressione. Specialisti in psicologia e pedagogia ne hanno studiato gli effetti, con risultati positivi.
Si ritiene che gli scacchi aiutino a pensare e riflettere, in carcere il tempo per farlo, purtroppo, non manca. Gli scacchi possono diventare un’opportunità di riscatto, un metodo di reinserimento dall’Istituto di pena alla vita libera?
– È un gioco povero e semplice: scacchiera e pezzi, discreti, si possono acquistare con 12-20 € (ma esistono anche in avorio e altri materiali di valore, a prezzi considerevoli). La scacchiera più preziosa che ho visto: nella reggia di Topkapi ad Istanbul, tutta di pietre preziose assemblate, un valore incalcolabile; la più terribile: al museo del campo di Mauthausen, di pezzetti di legno intagliati con un manico di cucchiaio (lì sta, perché lì fu trovata alla fine della guerra).
Gli scacchi sono in grado di creare un mondo che si può isolare completamente dal contesto nel quale in quel momento vivi: e lì ti puoi rifugiare con sicurezza. Nello stesso tempo solo apparentemente è un gioco individuale e asociale, in effetti ti permette di comunicare e conoscere il tuo avversario molto profondamente pur scambiando pochissime parole. Consente di essere ristretti in un piccolissimo spazio, ma avere lo spirito e la mente di “fuori” e spaziare in universi senza confini. Dopo le prime 4 mosse le combinazioni di possibili partite sono già più di 84 miliardi, dopo 10 mosse sono 10²³. Se facessimo una pila di tutti i libri pubblicati su tutti gli sport e tutti i giochi al mondo e un’altra di tutti i libri di scacchi pubblicati, quest’ultima sarebbe più alta. Del resto quasi tutti gli sport e i giochi che pratichiamo (a parte quelli di Olimpia) sono conosciuti al massimo da circa 300 anni. Gli scacchi hanno 1400 anni: ci sarà un motivo. Se si prende in mano un libro o una rivista di scacchi si diventa subito più bravi e questo effetto avvicina alla lettura e alla cultura.
Personalmente ho praticato Judo per molti anni, ma vi garantisco che questo gioco è molto più violento ed è in grado di canalizzare e sublimare istinti aggressivi. È stato usato, in tutto il mondo, per contrastare varie dipendenze. Al contrario di altri giochi la fortuna e il caso non hanno alcun peso (a parte l’assegnazione del colore: bianco o nero), non si può barare. Quindi non sono causa di liti, malumori (cose che in carcere capitano con una certa frequenza) e invogliano a seguire regole precise mantenendo un comportamento corretto.
Si usa dire che da dentro si veda il cielo a quadretti, bene, noi riportiamo i quadretti su un cartoncino e lì apriamo una voragine di mondi emozionanti.
Ci racconti una giornata tipo? Quante sono state sinora le persone coinvolte nell’attività e da quali Padiglioni provenivano? La partecipazione è su base volontaria?
– Non c’è nulla da raccontare di una giornata dentro. È una pagina bianca e vuota. È tempo che scorre e bisogna farlo scorrere nel modo più intelligente possibile, per non aver paura, poi, quando si uscirà. Per questo ciascuno trova i suoi modi, ma non tutti li trovano. Questo gioco è già stato usato per un torneo internazionale tra detenuti di carceri molto distanti tra loro, con intenti di recupero.
Gli scacchi sono una scienza, un gioco di intelligenza, di concentrazione e silenzio: come si inseriscono nel mondo in cui viviamo?
Nell’epoca che viviamo le cose che contano sono diventate: soldi, rumore, apparenza, visibilità, formalismi; conta ciò che sembra, non ciò che si è. Nelle carceri si dovrebbe reintrodurre l’importanza dell’essenza delle cose e delle persone e non l’esteriorità, che spesso è falsa. Gli scacchi hanno poco successo nella vita sociale del nostro Paese oggi e ugualmente interessano poco alla maggioranza dei detenuti. Ho condotto per anni battaglie per riuscire a consentire l’introduzione di pezzi e scacchiere dentro: prima erano proibiti (per lo meno a Torino). È sempre stato permesso il mazzo di carte, che tra l’altro sovente dà adito a liti ed eccessi d’ira, non gli scacchi.
Ora abbiamo concordato con la Direzione una tipologia standard di pezzi che possono entrare, anche se ci sono ancora difficoltà nell’introduzione di questi da parte delle famiglie, ai colloqui.
Dove ho occasione di insegnare le mie materie porto anche gli scacchi. I detenuti non interessati al gioco o stanno a guardare o fanno altro. Ho usato il gioco in alcuni padiglioni; un corso al padiglione dell’Ist. Plana, indirizzo di falegnameria e intarsio, dove producono bei tavolini con scacchiera intarsiata. Due anni fa vi era stata una richiesta, dal padiglione femminile, per avere un corso di scacchi (la voce si era sparsa), ma non si è potuto attuare, pare, per problemi di orario.
Qual è il ricordo o la frase che ti ha colpito maggiormente in questi anni di chi hai incontrato “dentro”, dall’altra parte della scacchiera?
– L’immigrazione sta trasformando l’Italia. In particolare i cittadini dai Paesi dell’est hanno portato un certo interesse per il gioco che là è praticato molto in tutte le scuole e a livello popolare. Bisognerebbe valorizzare questo apporto e coltivarlo. Durante un corso che tenni nella palestra del carcere conobbi un albanese che giocava benissimo e che in patria manteneva la famiglia (moglie e figli) con il gioco degli scacchi. Era nato in un piccolo paese, dove evidentemente non c’era la scuola, i genitori non volevano che lui stesse tutto il giorno per strada, così lo affidarono al un maestro di scacchi del paese. Quando lì non ebbe più avversari incominciò a girare per la regione sfidando per soldi i più bravi dei dintorni.
Tra gli africani invece gli scacchi sono meno popolari. A lezione una volta, però, incontrai D. Alì: frequentava i corsi scolastici superiori con fatica (i corsi si tengono sempre nelle “ore d’aria” il che comporta un ulteriore sacrificio per chi li segue). Era molto interessato al gioco degli scacchi. Un giorno gli chiesi:” Come mai ti interessa molto questo gioco?”. Mi rispose: “Mi interessano tutte le cose che occupano la mente, in particolare stando rinchiuso qua dentro”. Questo mi pare importante sia dentro che fuori: tenere più occupata la mente e meno la bocca. Occupare la mente mi pare uno sport che dovremmo divulgare maggiormente per migliorare le persone e le istituzioni di questo Paese.
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