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Di giorni e notti, il mondo è una scacchiera.

Ove il destino gioca con le pedine umane;

le muove qua e là, dà scacco matto, e dopo,

a una a una, le ripone nel forziere del Nulla.

 

Omar Khayyàm (Nishapur, Persia 1048-1131) – Rubaiyat

 

Solo la mia nemica di sempre,

l’abominevole dama nera

ha avuto nerbo pari al mio

nel soccorere il suo re inetto.

Inetto, imbelle pure il mio, s’intende:

fin dall’inizio è rimasto acquattato

dietro la schiera dei suoi bravi pedoni,

ed è fuggito poi per la scacchiera

sbieco, ridicolo, in passetti impediti:

le battaglie non sono cose da re.

Ma io!

Se non ci fossi stata io!

Torri e cavalli si, ma io!

Potente e pronta, dritta e diagonale,

lungiportante come una balestra,

ho perforato le loro difese; hanno dovuto chinare la testa

i neri frodolenti ed arroganti.

La vittoria ubriaca come un vino.

 

Ora tutto è finito,

sono spenti l’ingegno e l’odio.

Una gran mano ci ha spazzati via,

deboli e forti, savi, folli e cauti,

i bianchi e i neri alla rinfusa, esanimi.

 

Poi ci ha gettati con scroscio di ghiaia

Dentro la scatola buia di legno

Ed ha chiuso il coperchio.

Quando un’altra partita?

 

Primo Levi

Ad ora incerta, 9 maggio 1984

 

 

Così vorresti, a metà partita,

a partita quasi finita,

rivedere le regole del gioco?

Lo sai bene che non è dato.

Arroccare sotto minaccia?

O addirittura, se ho capito bene,

Rifare i tratti che hai mossi all’inizio?

Via, le hai pure accettate queste regole,

Quando ti sei seduto alla scacchiera.

Il pezzo che hai toccato è un pezzo mosso:

il nostro è un gioco serio, non ammette

contratti, confusioni e contrabbandi.

Muovi, che il tuo tempo è scarso;

Non senti ticchettare l’orologio?

Del resto, perché insistere?

Per prevedere i miei tratti

Ci vuole altra sapienza che la tua.

Lo sapevi fin da principio

Che io sono il più forte.

 

Primo Levi

Ad ora incerta, 23 giugno 1984

 

 

O tu, che con cinismo attacchi

il gioco a noi caro degli scacchi,

sappi che la loro arte è scienza,

il loro gioco è sollievo dal dolore,

nel guerriero infondono pazienza,

dell’amante curano le pene di cuore,

se minacce e pericoli sono alle porte

in essi ritroviamo comunque e sempre

i compagni solitari della nostra sorte.

 

Ibn Al-Mutazz, 1040 circa

 

 

Un uomo che coltiva il suo giardino, come voleva Voltaire.

Chi è contento che sulla terra esista la musica.

Chi scopre con piacere una etimologia.

Due impiegati che in un caffè del Sud giocano in silenzio agli scacchi.

Il ceramista che intuisce un colore e una forma.

Il tipografo che compone bene questa pagina che forse non gli piace.

Una donna e un uomo che leggono le terzine finali di un certo canto.

Chi accarezza un animale addormentato

Chi giustifica o vuole giustificare un male che gli hanno fatto.

Chi è contento che sulla terra ci sia Stevenson.

Chi preferisce che abbiano ragione gli altri.

Tali persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo.

 

Jorge Luis Borges – La cifra

 

Nell’angolo severo i giocatori

Muovono i lenti pezzi. La scacchiera

Li avvince fino all’alba al duro campo

Dove si stanno odiando due colori.

 

Su di esso irradiano rigori magici

Le forme: torre omerica, regina

armata, estremo re, cavallo lieve,

pedoni battaglieri, obliquo alfiere,

Quando si lasceranno i due rivali,

quando il tempo oramai li avrà finiti,

il rito certo non sarà concluso

 

In oriente si accese questa guerra

Che adesso ha il mondo intero per teatro.

Come l’altro, è infinito questo gioco.

 

Jorge Luis Borges – L’Artefice

 

Debole re, pedone scaltro, indomita

Regina, sghembo alfiere, torre eretta

sul bianco e nero del tracciato cercano

e sferrano la loro lotta armata.

 

Non sanno che il fortuito giocatore

Che li muove ne domina la sorte, non sanno che un rigore adamantino

Ne soggioga l’arbitrio e la fortuna.

 

Ma il giocatore è anc’esso prigioniero

(Omar lo dice) d’una sua scacchiera

fatta di nere notti e bianchi giorni.

 

Dio muove il giocaotre, e questi il pezzo.
Che Dio dietro di Dio la trama inizia

Di tempo e sogno e polvere e agonie?

 

Jorge Luis Borges – L’Artefice

 

(A. presenta: DEDICATO AL VINCITORE)

3) Ho Chi Minh, Diario dal carcere

 

Per occupare il tempo, ci si allena agli scacchi.

Pedoni e cavalieri di continuo si affrontano.

Ripieghi in un attimo, in un attimo attacchi:

piede veloce, cervello pronto, son le cose che contano.

 

Larghezza di vedute e cura del dettaglio!

Premere senza tregua, risoluto e tenace.

A che servon le Torri se il Re è preso al bavaglio?

Può vincer la partita un pedone audace.

 

L’equilibrio iniziale rende incerto lo sblocco:

ma la vittoria infine da una parte si piega.

Prepara bene i colpi, tieni saldo l’arrocco,

forse in te c’è la stoffa di un grande stratega.

 

 

 

(L. Brano per la poesia successiva. Indi rimangono le note rarefatte sotto i versi, mentre a ogni fine strofa riprende il brano)

 

(A. presenta)

4) Eugenio Montale, “Nuove stanze” da ‘Le occasioni’

 

Poi che gli ultimi fili di tabacco

al tuo gesto si spengono nel piatto

di cristallo, al soffitto lenta sale

la spirale del fumo,

che gli alfieri e i cavalli degli scacchi

guardano stupefatti; e nuovi anelli

la seguono, più mobili di quelli

delle tue dita.

(L. Brano)

 

La morgana che in cielo liberava

torri e ponti è sparita

al primo soffio; s’apre la finestra

non vista e il fumo s’agita. Là in fondo

altro stormo si muove: una tregenda

d’uomini che non sa questo tuo incenso

nella scacchiera di cui puoi tu sola

comporre il senso.

(L. Brano)

 

Oggi so ciò che vuoi; batte il suo fioco

tocco la Martinella ed impaura

le sagome d’avorio in una luce

spettrale di nevaio. Ma resiste

e vince il premio della solitaria

veglia chi può con te allo specchio ustorio

che acceca le pedine opporre i tuoi

occhi d’acciaio.

(L. Brano)

 

 

 

5) Enzo Monti, Lo scacchista

Lo sguardo assorto e intento e il volto teso
per lo sforzo del pensier, che ogni cura
volge a cercar la mossa più sicura
che salvi il rege dal nemico offeso.

Lo scacchista è sempre così preso,
che ogni cosa sia attuale sia futura
obblia e del Caffè entro le mura
prigioniero dalla passion è reso.

Nulla esiste per lui d’interessante
che lo distolga, ma solo l’idea
è il suo imperativo dominante.
La scacchiera è l’unica sua dea,
essa èla sua donna ela sua amante,

di gioia e di dolori arbitra e rea.

 

 (A. presenta)

6) Primo Levi, due poesie

 

(L. Brano)

 

Sololamia nemica di sempre,

l’abominevole dama nera

ha avuto nerbo pari al mio

nel soccorrere il suo re inetto.

Inetto, imbelle pure il mio, s’intende:

fin dall’inizio è rimasto acquattato

dietro la schiera dei suoi bravi pedoni,

ed è fuggito poi per la scacchiera

sbieco, ridicolo, in passetti impediti:

le battaglie non sono cose da re.

Ma io!

Se non ci fossi stata io!

Torri e cavalli si, ma io!

Potente e pronta, dritta e diagonale,

lungiportante come una balestra,

ho perforato le loro difese;

hanno dovuto chinare la testa

i neri fraudolenti ed arroganti.

La vittoria ubriaca come un vino.

 

Ora tutto è finito,

sono spenti l’ingegno e l’odio.

Una gran mano ci ha spazzati via,

deboli e forti, savi, folli e cauti,

i bianchi e i neri alla rinfusa, esanimi.

 

Poi ci ha gettati con scroscio di ghiaia

dentro la scatola buia di legno

ed ha chiuso il coperchio.

Quando un’altra partita?

 

(L. Brano)

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Così vorresti, a metà partita,

a partita quasi finita,

rivedere le regole del gioco?

Lo sai bene che non è dato.

Arroccare sotto minaccia?

O addirittura, se ho capito bene,

rifare i tratti che hai mossi all’inizio?

Via, le hai pure accettate queste regole,

quando ti sei seduto alla scacchiera.

Il pezzo che hai toccato è un pezzo mosso:

il nostro è un gioco serio, non ammette

contratti, confusioni e contrabbandi.

Muovi, che il tuo tempo è scarso;

Non senti ticchettare l’orologio?

Del resto, perché insistere?

Per prevedere i miei tratti

ci vuole altra sapienza che la tua.

Lo sapevi fin da principio

che io sono il più forte.

(L. riprende Brano)

 

 

(A. presenta le prossime 4 poesie)

 

7)   Omar Khayyam, poeta persiano del XII° secolo

8)   Enzo Giudici, Al Maestro

9)   Daria Menicanti, Il bianco muove 

10) Toti Scialoja, da ‘Versi del senso perso’

 

(L. Brano)

 

 

Noi siamo i pedoni dellamisteriosa partita a scacchi
giocata da Dio. Egli ci sposta, ci ferma, ci respinge,
poi ci getta uno a uno nella scatola del Nulla.

(L. Brano)

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O Maestro, o Maestro, ove n’andaro
i Suoi consigli e i Suoi suggerimenti?
A impararli i miei spiriti son lenti
e a scacchi so giocar come un somaro.

Mi tolga presto il Suo saluto, o caro
Maestro, e più non creda ai giuramenti
miei di rifarmi; sono infranti e spenti
quegli astri che agli scacchi m’invogliaro.

Declinò la mia stella, se pur mai 
nacque, e rotti i miei pezzi se ne vanno
come pecore matte o come schiere
d’atterrite formiche, e non v’è Alfiere,
non v’è Cavallo che da tanto affanno
levi me stesso ed il mio Re dai guaii.

(L. Brano)

 

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In via delle Lanterne il Caffè
è quasi buio. Nell’angolo stretto
alla vetrina il bianco muove ed è
scacco, finita la guerra
in un aristocratico silenzio.
M’alzo e m’avvio, calzo alle dita fredde
guanti casuali e intanto addio gli dico
addio con le solelabbra.

 

 

 

Due sciacalli giocavano a scacchi

erano magri come due stecchi

uno era scettico l’altro era sciocco

uno pensava “Se attacchi, mi arrocco?”

l’altro pensava “Se arrocco, mi attacchi?”

e si scrutavano di sottecchi.

 

11) Jorge Luis Borges, Scacchiera  (Ajedrez)

Due sonetti di Jorge Luis Borges, dal volume “L’artefice“, Rizzoli, Milano, 1963

 

I giocatori, nel grave cantone,

guidano i lenti pezzi. La scacchiera

fino al mattino li incatena all’arduo

riquadro dove s’odian due colori.

 

Raggiano in esso magici rigori

le forme: torre omerica, leggero

cavallo, armata regina, re estremo,

alfiere obliquo, aggressive pedine.

 

I giocatori si separeranno

li ridurrà in polvere il tempo, e il rito

antico troverà nuovi fedeli.

 

Accesa nell’oriente, questa guerra

ha oggi il mondo per anfiteatro.

Come l’altro, è infinito questo giuoco.

 

Lieve re, bieco alfiere, irriducibile

donna, pedina astuta, torre eretta,

sparsi sul nero e il bianco del cammino

cercano e danno la battaglia armata.

 

Non sanno che la mano destinata

del giocatore conduce la sorte,

non sanno che un rigore adamantino

governa il loro arbitrio di prigioni.

 

Ma anche il giocatore è prigioniero

(Olar afferma) di un’altra scacchiera

di nere notti e di bianche giornate.

 

Dio muove il giocatore, questi il pezzo.

Quale dio dietro Dio la trama ordisce

di tempo e polvere, sogno e agonia?

 

(A. presenta)

12) Cambray Digny, Il matto di Legal

 

Scacchisti udite! Un’immortal tenzone

in brevi tratti il verso mio dipinge;

inoltra il Re dei Bianchi il suo pedone,

quel del Re Nero contro a lui si stringe.

 

L’assalta un Cavalier, ma gli si oppone

quel della Donna e i colpi suoi respinge.

Alla quarta d’Alfier l’Alfier si pone,

la Donna il suo pedon d’un passo spinge.

 

L’altro Cavallo accorre. Al primo è sopra

l’Alfiere e il preme. Egli il pedone uccide,

benché al nemico acciar la Donna scopra.

 

Ed essa muor ma non indarno. In fallo

cadde il duce dei Neri: ei non previde

scacco d’Alfiere e matto di Cavallo!

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